Ero
affamato e ...
mi avete nutrito
di Antonino Rosso
200anni
dalla nascita di Guglielmo Massaja
(1809 - 2009)
Con la trasferta in Africa della troupe NOVA-T,
con sede in Torino-Via Ferdinando Bocca 15,
è entrata nel vivo la lavorazione del documentario
sul missionario cappuccino piemontese Guglielmo Massaja.
Il viaggio ha toccato alcune città ed aree nelle
quali il cardinale ha operato: Addis Abeba, Ankober e Mendica,
nello Shoah (Shewa), a Jmma e Bonga, nel Kaffa.
A fare da accompagnatori, i cappuccini
della Vice Provincia di Etiopia, i suoi “ pronipoti
”.
Tra le sorprese, il ritrovamento di alcune rovine di una
missione, fondata da Gugliemo e l’individuazione della
grotta nella quale egli si ritirava per i suoi esercizi
spirituali. Ad Addis Abeba è stato creato un
Comitato
il cui primo obiettivo è far conoscere agli
Etiopi,
tra i quali la memoria dell’Abuna Messias
(come lo chiamano) è ancora molto viva, la sua vera
figura di uomo e di missionario…
Le
frequenti carestie, provocate da fenomeni
meteorologici e dalle guerre, aprivano sovente in Etiopia
la piaga della povertà con un altissimo
tasso di mortalità.
Il Massaja vi provvide, dislocando Centri Assistenziali
in determinate zone, impegnando pure i facoltosi ad affiancarlo
in questa opera umanitaria.
Per sua iniziativa sorsero Ospedali primitivi,
ma adeguatamente attrezzati per l’emergenza, dove
i poveri e gli infermi ottenevano ricovero e cure.
Proprio grazie a lui, parecchi riuscirono a sopravvivere
e ottenere la guarigione. Nella storia della Missione
dei Galla è rimasta celebre l’operosità
svolta
in questo settore assistenziale a Lagamara,
nel periodo 1856-1857. La guerra tra i Lagamaresi
e i rivali di Celia, nella quale era intervenuto come arbitro
lo stesso missionario, e le orde dell’imperatore Teodoro
II, piombate sul centro dell’Abissinia, sui Uollo,
sui Borena e su parte del Liban, avevano portato con sé
carestia, fame e morte. Centinaia di randagi scheletriti
si trascinavano ogni giorno alla missione come al porto
della salvezza.
Benché colto di sorpresa, il Massaja riuscì
a fronteggiare quel flusso continuo con tempestività
ed efficacia.
Sospese le lezioni scolastiche quotidiane ai suoi giovani
e le sostituì con altrettante lezioni di eroismo
pratico.
“Mentre i nostri fratelli muoiono di fame,
disse realisticamente, avremo noi il coraggio di riempirci
la pancia?”Dimezzò subito la razione
quotidiana di cibo, riducendola al grano bollito. Poi spedì
i suoi ragazzi sui mercati vicini e lontani a rifornirsi
di scorte alimentari,
il cui prezzo era stato portato a livelli astronomici dagli
incettatori. Intanto fece costruire un villaggio
di capanne e lo adibì ad Ospedale per ricoverarci
gli ammalati sfiniti dall’inedia. Tre marmitte fumavano
in continuità. Agli adulti somministrava minestra
e carne, mentre ai poppanti, privi del nutrimento materno
dava
latte annacquato oppure una mistura molto digeribile di
lino abbrustolito, sciolto nell’acqua, secondo una
ricetta inventata da lui. Lo spettacolo di tanta
carità scosse
gli Oromo-Galla che solidarizzarono, cominciando
dai possidenti. Al primo raccolto, si presentarono
alla Missione anche i meno abbienti per offrire primizie
di piselli, ceci, fave, frumento, pesce e cacciagione.
A conti fatti il Massaja dovette dichiararsi più
ricco di prima e riversò quel ben di Dio nella case
degli ammalati. Questa circostanza diede enorme prestigio
alla missione
e fece scrivere all’organizzatore: “La
Provvidenza di Dio veglia e fa anche, in certo modo, miracoli
per soccorrere il ministro di Dio, non solo quando istruisce
con le parole, ma molto più quando
istruisce con i fatti dettati principalmente
dalla carità cristiana”.
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1889
il suo incontro
con Dio
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