Ho conosciuto
Padre Ottavio e la sua grande opera nel dicembre 2004
a Genova, in occasione di una serata organizzata presso
la Clinica Chirurgica dal Prof. E. Berti Riboli.
Fino ad allora per me Capo Verde era un remoto arcipelago
africano, punto di sosta per naviganti prima del grande
oceano o che da quello ritornavano.
Ma su una di quelle isole, a Fogo, c'è
un ospedale missionario, Sao Francisco, e così,
sia per le immagini che per desiderio di nuove esperienze
umane e professionali, nel marzo di quest'anno, secondo
ginecologo nella breve storia dell'ospedale, parto anch'io.
Arrivo a Fogo dopo tre giorni passati
tra le isole di Sal e Praia, fra ritardi e cancellazioni
di voli causati dalla "bruma seca", foschia
che non consente decollo o atterraggio. Comunque è
stato un lento e piacevole approccio al Paese.
Vengo accolto calorosamente dalla comunità
e ritrovo Padre Ottavio che, abbracciandomi, mi invita
a fermarmi almeno due o tre anni (!!). In seguito comprenderò
che c'è grande necessità.
Sono sistemato in una bella stanza da
dove vedo il mare e l'isola di Brava, ultimo lembo dell'arcipelago.
E così, a piccoli passi, inizia la mia attività
di ginecologo, affiancato da una giovane capoverdiana
che fa l'interprete tra me e le pazienti.
Con il mio povero portoghese non riuscirei
a dialogare, specialmente con le donne che arrivano dalle
campagne e parlano in dialetto. Nonostante il mio arrivo
sia stato pubblicizzato in anticipo, anche via radio,
nei primi giorni visito poche pazienti, che aumenteranno
in seguito, grazie anche al tam tam di paese. Me ne accorgo
quando passeggio a Sao Filipe, il capoluogo, dove molta
gente mi saluta. Vengono donne di vari ceti sociali, alcune
ovviamente analfabeti, comunque molto dignitose e composte.
Ciò che colpisce particolarmente
è la dolcezza che traspare dal sorriso di questa
gente, oltre ad una bellezza che raramente ho incontrato
nei miei viaggi, bellezza così naturale e semplice,
non sofisticata, come caduta addosso, di cui si è
quasi inconsapevoli.
Le visite richiedono tempi lunghi per
il problema della lenta comunicazione. In caso di necessità
c'è un ecografo presso la sezione di radiologia,
dove a volte accompagno le pazienti per completare la
diagnosi. Nonostante presso l'ospedale pubblico esista
una sala parto, unico presidio sull'isola, qualche gravida
viene da noi a visita; anche una collega. In qualche caso
la patologia è chirurgica e non ginecologica, per
cui chiedo consulenza al collega chirurgo, reperibile
nell'ambulatorio vicino.
C'è anche del tempo libero, nel
caldo pomeriggio tropicale: lunghe passeggiate sulla spiaggia
dalla sabbia nera mista a frammenti dorati di minerale
che brillano al sole, un caffè a Sao Filipe, la
lettura di un libro, la domenica un'escursione al vulcano
(molto suggestivo).
A pranzo ci si ritrova con i colleghi
e il personale, una pausa piacevole dall'atmosfera familiare
che consente scambi di esperienze e talvolta crea nuove
amicizie. Certamente l'attività è da potenziare
e da completare, manca per ora la possibilità di
effettuare il Pap test, esiste un mammografo, non utilizzato.
Penso che una buona soluzione sarebbe
una presenza ginecologica di 15-20 giorni ogni 3 mesi
e ciò si potrebbe realizzare con la collaborazione
di almeno 5 o 6 medici.
Questo è un invito a coloro che
leggeranno queste mie righe. Diamo una mano a Padre Ottavio
e al "suo" ospedale, al personale che vi lavora,
a questa gente che realmente ha bisogno e ha sempre avuto
poco.
E per noi che ci andiamo una esperienza professionalmente
e umanamente positiva, forse un ritorno ad una medicina
semplice e fiduciosa che, nella nostra realtà quotidiana,
è un sogno lontano. Un pensiero particolare va
a Padre Federico, missionario in quelle terre da più
di 40 anni, un nonno buono e saggio per tutta la comunità.
Arrivederci a Fogo, Capo Verde, Africa.
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Sono appena nato
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La madre |
Ottavio, l'ecumenico |
Federico, il nonno |
Quanti colori!
Piango, perchè tutto mi va male |
Sono una bimba seria |
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