Incontrare
il continente africano, è
sempre stato il mio sogno.
Mia
1a
Missione Umanitaria
di Valerio Piccirillo
valepicci@libero.it
Un
sogno che si è realizzato ad ottobre 2006 grazie a Beppe Del
Piano , responsabile del
servizio di oculistica del Centro Socio Sanitario San Francisco , sull’isola
di Fogo , nell’arcipelago di Capoverde : poche chiacchiere al
telefono, la organizzazione, i preparativi, il volo.
A dire il vero la perplessità era grande:
avevo sentito parlare di Capo Verde come di un posto ameno, quasi un
paradiso per sub e surfisti, pieno di villaggi e discoteche. Che senso
aveva una missione umanitaria in un luogo così attraente?
E cosi ad ottobre 2006 è cominciata la mia prima esperienza….tutta
da solo (il collega che avrebbe dovuto accompagnarmi ha avuto difficoltà
qualche giorno prima del previsto!! ) e così, carico di entusiasmo
( e di bagagli !) , parto da Roma con scalo a Lisbona
( 3 ore!! ) ed arrivo a Sal dopo 8 ore di volo. Niente male come inizio
visto che fare amicizia con i capoverdiani è semplice e tra una
parola di inglese e tre di portoghese dimostrano la loro ospitalità,
offrendomi soggiorno e proponendosi come guida nell’isola di Sal.
Il giorno successivo si riparte per l’isola di San Tiago, con
scalo a Praia: qui mi rendo subito conto che Capo Verde non è
solo quella che si vede in TV……tanti ragazzini scalzi ti
circondano e ti offrono il loro aiuto, sollevando i bagagli e accompagnandoti
verso macchine malandate che tutto sembrano tranne che taxi.
Mi
diventa
più chiaro tutto, quando faccio un giro per Praia, la
capitale: tante le raccomandazioni dei locali di stare attento,
specie a Sucupira, la zona del mercato. Affollatissimo e pieno
di colori, qui si mescolano capoverdiani puri e senegalesi;
ti invitano ad ogni angolo a comprare frutta e vestiti ed a
mangiare la cachupa. E’ difficile parlare inglese….ed
anche portoghese , visto che la maggioranza conosce il creolo,
un misto di africano e vecchio portoghese che anche i giovani
capoverdiani comprendono con difficoltà!
Riparto il giorno dopo per Fogo, dove
mi attendono all’aeroporto Padre Ottavio, Anna e Riccardo:
rapide presentazioni e subito via verso il Centro Socio Sanitario,
a Sao Filipe, capoluogo dell’isola .
Una vera cattedrale nel deserto, a picco
sul mare con stanze
accoglienti ed un panorama mozzafiato, faccio amicizia con i
colleghi italiani volontari già al Centro,
Sergio (urologo)
ed Antonio (chirurgo generale). |
Ecco il mio piccolo paziente!
Questa è la sala operatoria piccola.
Vedete che sto operando con
la mia bravissima assistente di campo
Noi siamo in tre non proprio come la S.S.Trinità!
Queste sono le suore filippine,
infermiere specializzate per la sala operatoria
Chi mi legge si ponga anche
Lui Lei in stato di missione col cuore nella valigia.
Se volete, potete scrivermi
|
E’
festa e si decide di andare in spiaggia ma….le onde a
riva sono enormi, è difficile addirittura entrare in
acqua e, come se non bastasse, l’oceano ha portato a riva
quel giorno, per sfidare il mio coraggio, la carcassa di uno
squaletto!
Insomma….è domenica, domani si comincia , meglio tornare
al Centro ed organizzare l’ambulatorio.
Così inizia la vera missione,
fatta di tante visite ambulatoriali al mattino e di sala operatoria
obbligatoriamente di pomeriggio fino a tarda sera (molte persone che
avevano necessità dell’intervento non potevano tornare
di nuovo al Centro per problemi di distanza e di costi!).
Sono bastati pochi giorni perché si diffondesse a macchia d’olio
la notizia della presenza dell’oculista al Centro: al mattino
, alle 8.00 , almeno 20 persone erano già fuori l’ambulatorio
, tanti con buste piene di caffè o mango per dimostrare la loro
riconoscenza .
La attività è ben organizzata, i
capoverdiani molto pazienti ed il personale di sala operatoria molto
preciso ed attento alla sterilità: suor Ivy in sala coordina
tutto alla perfezione, ha conservato il materiale monouso e custodisce
il facoemulsificatore Morià come un oggetto prezioso.
Tatiana in farmacia ha sempre una lista ben aggiornata dei farmaci e
dei viscoelastici, suor Teodora prepara i pazienti
e fa da traduttrice durante l’intervento visto che da buona capoverdiana
parla bene anche il creolo! Si lavora bene, è una sala operatoria
modello europeo con Serghey ( anestesista russo ) che non ti lascia
mai solo, pronto a darti consigli in ogni momento.
La scena più emozionante è quella di una vecchietta con
cataratta evoluta bilaterale, accompagnata dai familiari perché
non autonoma e ritornata dopo l’intervento, a distanza di due
settimane, tutta sola con un chilo di caffé e tanta voglia di
ritornare a vivere.
Ma il Centro non è solo lavoro; ricordo
con piacere le serate passate a suonare la chitarra fino a notte fonda
o le cene organizzate con lo staff nei ristorantini del centro o la
gita sul vulcano…a prova d’atleta. Insomma, un forte spirito
di gruppo che ti da’ coraggio specie se, come me, pensi di restarci
quasi un mese! La partenza è sempre un po’di nostalgia
, stavolta più di tutte, perché senti che c’è
bisogno di te e che sei stato davvero utile per tutti.
Devo ringraziare tutte le case farmaceutiche che,
donando farmaci e materiali monouso, hanno reso concreta la mia missione
nonché il personale del Centro che mi ha permesso di lavorare
come se fossi nel mio paese, ottimizzando le risorse e soprattutto riducendo
gli sprechi!
Capo Verde non è
solo vacanze , è anche povertà profonda e bisogno di aiuto
visto che in tutto l’arcipelago esistono due soli ospedali, per
altro, su isole non facilmente raggiungibili .
Ho organizzato una nuova missione a Fogo, riparto a luglio 2007: questa
volta per 50 giorni, spero non da solo.
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