Giornale Web
LA PSICOLOGA

“Compiere un’opera buona implica sacrificio ma anche consapevolezza
ed umiltà,affinché i nostri gesti siano atti d’amore sinceri,
capaci di arricchire noi stessi
ed il prossimo”.

LA VERA GRATIFICAZIONE
di Stefania Chiacchiararelli

"Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere
da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro
che è nei cieli…"

”Quando tu fai l’elemosina, non sappia
la tua sinistra ciò che fa la tua destra,
perché la tua elemosina resti segreta;
e il Padre tuo, che vede nel segreto,
ti ricompenserà”.
Queste frasi tratte dal Vangelo
di Matteo (6,1.3-4) fanno luce sui rischi che l’uomo si trova ad affrontare
dopo aver compiuto un’opera buona.

Credo, infatti,che fare del bene sia spesso gravoso, non solo perché implica sforzi
e sacrifici, ma anche perché, dopo un atto di generosità, siamo spesso tentati
di ricercare a tutti i costi un “grazie”
o a ricevere un apprezzamento.
Possiamo pensare che un’opera di bene, o un gesto di particolare sensibilità ed altruismo
si sviluppi in 3 momenti:
entra in gioco l’intenzione, la volontà che,
se pura e sincera, rende il gesto stesso altrettanto puro e, soprattutto, capace di trasmettere e far sentire amore.
E’ importante chiedersi se il donare
al prossimo il proprio tempo, denaro, ascolto
e/o presenza, è fine a sé stesso o è figlio di un sentimento di affetto profondo e spontaneo. Successivamente, l’intenzione va concretizzata,
è in questa “fase” che dobbiamo
superare i vari ed eventuali ostacoli
che nascono per vari motivi.
Pensiamo al volontariato, ad esempio:
richiede tempo ed energia.
Chi decide di vivere questa esperienza è consapevole che, spesso, per dedicarsi a chi ha bisogno, è necessario
“togliere” degli spazi a sé stessi
(hobby o semplicemente momenti di relax)
ed a chi frequentiamo
(serate con gli amici o con la propria famiglia...).
Le attività di volontariato, poi, implicano uno sprigionarsi di energia non indifferente,
sia fisica che psicologica
(a volte si assumono dei ruoli che comportano responsabilità importanti).
Bisogna, dunque, essere spinti da una motivazione di un certo peso, da una ragione e da cause
che guidino con decisione le nostre scelte
prima e i nostri comportamenti poi, affinché l’entusiasmo iniziale, una volta scemato,
non sia sostituito da quella pigrizia che ci porta
ad abbandonare ogni buon proposito.
Ma si è generosi e buoni anche e soprattutto
con chi ci è più vicino, con chi fa parte
della nostra quotidianità e, certamente, è proprio con queste persone che, gli sforzi richiesti, da atti di altruismo, sono più grandi. Dobbiamo non solo considerare gli elementi già citati come il tempo, impegno ed energia, ma anche “variabili” che, spesso, appaiono più difficile da superare:
egoismi, gelosie, rancori non superati, invidia…
Reputo fondamentali, per dare vita ad un’opera davvero buona, l’affetto che proviamo per la persona a cui doniamo la nostra generosità,
o il riferimento a determinati valori, come quelli che Gesù ci ha trasmesso
e, che ci fanno capire qual è il giusto atteggiamento e comportamento
in determinati contesti con chi, magari,
non ci piace particolarmente.
Infine, è importantissimo come viviamo il “dopo”. Chiediamoci: desideriamo un riconoscimento? Sentiamo il bisogno di essere apprezzati, di aumentare la stima che la gente ha di noi,
forse, a volte, anche per apparire
migliori di altri?

Facciamo riferimento alle parole di Gesù, riportate all’ inizio dell’articolo.
Possiamo attuare anche il gesto più altruista possibile, donare noi stessi ed i nostri averi
ma se tutto ciò è seguito da un continuo pubblicizzare quello che è fatto e donato,
ciò perde autenticità agli occhi di Dio
e del prossimo.
In più, a noi stessi non rimane ciò che di più bello questi gesti lasciano:
quel flusso d’amore che ci fa sentire vicino
agli altri
e che, soprattutto,
ci lega di più a Dio e alla Sua volontà.
Ed è quest’ultima a donarci
la vera pace e la vera ricchezza,

quella costituita dai rapporti alimentati e nutriti da sentimenti sinceri.
Certo, spesso chi riceve un gesto d’amore
non sa apprezzarlo perché è difficile

non solo saper dare ma anche saper ricevere. Può darlo per scontato o, peggio, per dovuto,
può mancare di sensibilità e non captare
ciò che c’è dietro al gesto stesso, ciò che ha comportato. Questa superficialità,
questo egoismo, non devono demotivarci
a compiere del bene, proprio perché, quest’ultimo, come già detto, se davvero sincero,
non deve essere finalizzato alla gratificazione personale ma va visto, concepito e vissuto
come qualcosa di più ampio respiro.
L’altruismo non è solo lo sforzo di superare i propri limiti e quelli posti dall’esterno:
è anche e soprattutto fonte di amore che fa bene a chi lo fa e a chi lo riceve.
Perché vedere contento il prossimo, cogliere un sorriso sul suo volto, sapere di averlo aiutato anche solo con l’ascolto
è molto più gratificante di un “sei il più bravo”.
E’ Gesù stesso a ricordarcelo dalle pagine
del Vangelo: “In verità vi dico: avete già ricevuto, la vostra ricompensa.”

 

 


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