L'Abbe' Pierre
Maria, unico porto di salvezza
dei più poveri dei poveri
Nostra Signora del Carmelo
|
“
Vivo nell’impazienza della morte.
So che la morte è l’incontro rinviato con un amico”
Una
parola sorprendente, "Padre"
( l’Abbé Pierre, 26 luglio
1972, Mariapoli
di Digione)
Nel
Vangelo c’è una parola frequentemente ripetuta “Padre”.
L’amore eterno, disceso tra noi, quando vuole chiamarsi, si chiama
spesso “ figlio dell’uomo”.
Quando guardiamo il Cristo in croce, bisogna essere capaci di leggere
tutto ciò che vi trova:
c’è tutto il dolore dell’uomo, il dolore della carne,
del corpo, il dolore della disperazione del cuore abbandonato
“Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”.
Egli ha voluto essere così totalmente come noi, che ha voluto
esserlo nel punto dove il dolore ci fa dire “è assurdo”.
Gesù è quello che così riassume tutto il dolore
del cuore
e del corpo, il dolore di tutti gli uomini e di tutti i secoli.
Dobbiamo essere i credenti di questa fede vivente, Gesù Cristo,
di questa fede che può essere legittima speranza, solo se è
questo Amore di misericordia, rivolto verso i più sofferenti
per servirli per primi e, politicamente, per farli servire per primi.
Se così non si fa, ci si dice credenti, ma non si ama. Dai dei
soldi alla questua, ma non dai.
Il
dolore degli altri è estraneo alla tua vita.
Siamo amati: è questo il canto di gioia che deve essere nostro,
proprio quando siamo tentati di rimanere schiacciati dalle sofferenze
che non riusciamo a guarire, ma alle quali vogliamo essere partecipi.
E’ questa certezza di essere amati che può farci essere,
perfino sotto il peso della pena, i donatori della gioia.
|