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La persona
di sr.Benedetta Rossi
leggiamo Marco 5,1-20)
Qual
è l’impatto
dell’altro come persona
nella mia vita? Il Vangelo ci presenta
un volto
di un uomo di cui non conosciamo nemmeno
il nome. Un volto sfigurato
: “aveva la sua dimora tra i sepolcri”. Il sepolcro
è il luogo in cui ogni speranza è morta. Mentre
la casa
è il luogo della speranza, dove tutto parla
di futuro. I sepolcri sono la condizione
di una disperazione, irreversibile. L’uomo,
invece di essere riconosciuto come
persona,
è stato legato con ceppi e catene. L’uomo
legato
è il prigioniero, lo schiavo, colui di cui posso
disporre a mio piacimento. Il morto veniva legato (Lazzaro)
e il primo intervento di Gesù è “scioglietelo”.
Legare una persona è negare
il suo diritto ad esistere. Il sepolcro è
la dimora di colui che non è stato riconosciuto come
persona. Quest’uomo però,
legato, aveva spezzato ogni volta le catene. “Nessuno
era riuscito a domarlo” (un verbo usato solo per gli
animali). Si dice che questo uomo era troppo “pericoloso”
al punto che nessuno poteva passare più da quelle
parti.
La difesa della gente è l’emarginazione,
come avviene oggi rispetto alle persone “difficili”.
Spesso noi togliamo la speranza alla persona che abbiamo
di fronte e la incateniamo con i nostri
schemi; quando vogliamo “domare”
l’altro,
magari sentendoci superiori; quando
lo emarginiamo, non passiamo più
dove l’altro
si trova. E per questo non
riconoscimento della sua persona, l’uomo gridava e
si feriva con pietre. Colui che non
è riconosciuto dagli altri come persona, si accanisce
contro se stesso detestandosi, non percependosi più
in modo naturale.
Ognuno ha in mente una serie di volti non riconosciuti,
che finiscono nel dramma e nella disperazione.
Questo
volto "negato" ad un certo momento incontra un
altro volto che lo riconosce
come persona: Gesù.
Gesù non sta lontano
da quel luogo, ma ci va apposta, lo va a cercare. Gesù
ci cerca ad uno ad uno. L’uomo
vede
Gesù da lontano e
corre verso di lui
(la corsa è desiderio di trovare qualcuno che,
come uno specchio, gli rimandi una immagine bella di sé).
Ricordiamo il padre che corre incontro al figlio nel vangelo
di Luca...
L’uomo si prostra ai piedi di
Gesù, ma
nello stesso grida a Gesù di non torturarlo. Questo
dice bene la situazione contraddittoria
di chi non è riconosciuto: chiede
attenzione ma non vuole compassione, affronta le
persone in modo aggressivo. Gesù non guarda il suo
atteggiamento addolorato e gli rivolge la parola...
Gesù distingue l’uomo
dal suo male
(lo spirito malato); distingue la persona e il problema
che attanaglia la persona...Gesù compie una separazione,
una distinzione...
Poi Gesù va avanti....Riconoscere
significa riportare l’altro a se stesso perché
possa riconoscere la sua identità. È
una personalità disgregata. Incontrare la
persona vuol dire accoglierla per quello che è, distinguere
la sua persona dal male che c’è dentro di lei,
rivolgerle la parola, entrare in relazione. Il
volto che è riconosciuto diventa persona:
la gente vede l’indemoniato seduto: è l’atteggiamento
del discepolo che ascolta, ha vinto
con Gesù.
Non è solo seduto ma anche
vestito: il vestito
dice l’identità che viene dal riconoscimento
del volto; vestire significa il riconoscimento
che
dona la vita. Si dice ancora che l’indemoniato
è divenuto “sano di mente”:
è il ricupero dell’intelligenza che riconosce
il volto di Dio; coloro che non hanno intelligenza scambiano
un pezzo di legno con il Dio vivente. Infine il testo mostra
come ogni persona che irrompe nella
mia vita, diventa una manifestazione di Dio.
Di fronte alla persona è necessario prendere posizione:
è possibile restare come prima
(gli abitanti vedono l’indemoniato come indemoniato,
ne hanno paura, perciò mantengono la distanza e lo
vogliono legato); in questo modo la porta verso la persona
resta chiusa;
oppure si cambia totalmente la prospettiva
e si vede nella persona il miracolo che suscita meraviglia;
in questo modo la porta verso la persona si apre ed è
possibile intravvedere la novità di un orizzonte
aperto, pieno di luce.
“Torna a casa tua”.
All’inizio dell’episodio l’indemoniato
ha la sua dimora nei sepolcri, luogo della non-speranza;
la risoluzione gli consente di tornare
a casa, il luogo della speranza, la dimora dove si
vive insieme, fraternamente. La persona
che si riconosce,
diventa manifestazione del volto di Dio.
“La gloria di Dio è l’uomo vivente”
(Ireneo).
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