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Merita molta attenzione
il Messaggio di Benedetto XVI
per la 42° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, celebrata a maggio c.a.

CHE COSA VOGLIONO
I MEDIA?

di Paolo Damosso

Vi invito a cercare l’intero documento su internet, perché ci sono alcune riflessioni chiare che mi hanno fatto riflettere come cristiano e come operatore del settore dei mass media.
E’ vero! Lo ripetiamo sempre. Viviamo in un’epoca mediatica, dove la comunicazione domina e scandisce le nostre giornate. Sarebbe sciocco scappare o vivere come se questo non contasse.
Siamo chiamati a camminare oggi, con le regole di oggi. Inutile nascondersi dietro barriere inutili.
Ogni tanto ascolto persone che con un filo di spocchia dicono: “Io la televisione non la guardo più! Mi rifiuto! I giornali e le notizie mi deprimono…”
E’ un atteggiamento che non porta da nessuna parte. E’ sterile e inutile! Tra l’altro ci isola anche dalla maggioranza delle persone che incontriamo. Non è quella la strada, lasciamo agli struzzi quest’atteggiamento privo di progetto e che nasconde solo la paura del confronto e del nuovo.
Anche il papa si è accorto di questo e lo dice con chiarezza:
“Sì! I media, nel loro insieme non sono soltanto mezzi per la diffusione delle idee, ma possono e devono essere anche strumenti al servizio di un mondo più giusto e solidale.”
Insomma, la comunicazione può unire e migliorare questo mondo. Lo può rendere più piccolo, più unito, più consapevole, per favorire una crescita e uno sviluppo più equo.
Ma i problemi conseguenti ci sono.
Grazie ad una vorticosa evoluzione tecnologica, questi mezzi hanno acquisito potenzialità straordinarie, ponendo nello stesso tempo nuovi ed inediti interrogativi e problemi”.
La televisione, per esempio, ha cambiato il nostro quotidiano. E’ entrata nelle nostre abitudini, fino quasi a scandire le nostre giornate. C’è il rischio di una dipendenza e la possibilità di influenzare non poco le coscienze.
La tv negli anni è cambiata. Ha ritmi sempre più serrati con un’ansia costante di piacere al pubblico per avere un numero crescente e garantito di spettatori.
Il papa è molto esplicito:
“Inoltre, per favorire gli ascolti, la cosiddetta audience, a volte non si esita a ricorrere alla trasgressione, alla volgarità e alla violenza”.
Questa frase, potremmo dire, mette il dito sulla piaga: l’audience, lo share, gli ascolti sono una specie di totem a cui si deve spesso immolare la qualità dei programmi.
Ma chi l’ha detto che si vede solo la televisione che parla alla pancia dei telespettatori? Perché ci deve essere un gioco al ribasso? Forse per la paura di perdere pubblicità che tiene in piedi economicamente tutto?
E’ una domanda che attende risposte da troppo tempo.
Forse, non è la pubblicità che interrompe i programmi, ma il contrario. E allora occorre dire con chiarezza che vendere non è comunicare.
C’è ancora un altro aspetto che mi preme sottolineare del messaggio del papa:
“Oggi, in modo sempre più marcato, la comunicazione sembra avere talora la pretesa non solo di rappresentare la realtà, ma di determinarla grazie al potere e alla forza di suggestione che possiede. Si constata, ad esempio, che su talune vicende i media non sono utilizzati per un corretto ruolo d’informazione, ma per “creare” gli eventi stessi”.
E’ il caso clamoroso della cronaca nera.
Giornali e tv cavalcano il fatto, a partire da una tragedia familiare. Mettiamo la vicenda di Erba. Chi non conosce Olindo e consorte, i loro sguardi, fra le sbarre al processo, i loro scritti, i codici, i movimenti? Sembrano diventati delle star!
La gente fa la fila per vederli, forse, qualcuno vorrebbe il loro autografo. Sono famosi e questo conta. Vale meno sapere il motivo.
Per questa ragione, fuori dall’aula del processo c’è la fila regolata dalle transenne, con venti telecamere pronte ad immortalare i protagonisti di un film autoprodotto dai media.
Il papa, su questo, ha ragione. C’è spesso un’inquietante regia che crea il caso e lo impone al pubblico che è la vittima designata, quasi inconsapevole.
Qualche mese fa, un giovane, negli USA, ha fatto una strage in un supermercato, poi si è ucciso, lasciando un biglietto con questa semplice frase: “Voglio diventare famoso”.
No comment!!

La conclusione di papa Ratzinger è quella di promuovere l’etica nell’informazione.
Dobbiamo darci delle regole. Ognuno di noi deve avere coscienza di ciò che guarda e che legge.
Non dobbiamo spegnere la tv, né chiudere il giornale.
Bisogna imparare a scegliere e a premiare chi con coraggio prova a sporcarsi le mani e a proporre nuovi modelli.
Sogno il giorno in cui la gente farà la fila per conoscersi e incontrarsi, per parlare, per scambiare idee ed esperienze, non per vedere il mostro sbattuto in prima pagina.
Sogno il giorno in cui chiederemo l’autografo al nostro vicino di casa (che non è famoso), come scusa, solo per scambiare quattro chiacchiere.
Anche questa è comunicazione!!


 

 

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