|
Non
smettere di sognare!
di
Paolo Damosso
Carissimi,
la vita è affascinante anche e
soprattutto per gli incontri che si possono
fare.
Lo dico con grande convinzione perché
sono reduce
da una giornata per me indimenticabile. Uno di quei momenti
che ritornano nella mente perché ti scaldano il cuore
e ti illuminano la strada da percorrere.Ho
incontrato il cardinale Carlo Maria Martini.
A Gallarate, in una casa adattata dai gesuiti per i loro
confratelli più anziani. Un tempo qui si veniva a
studiare per il triennio di filosofia. Anche oggi, mi dicono
quando sono appena arrivato, la destinazione non è
cambiata. Lo studio prosegue, in preparazione
all’Ultimo Esame… quello più importante!
Mi hanno detto
che qui il cardinale desidera essere chiamato semplicemente
padre Carlo. Fatico a pensare di poterlo chiamare in questo
modo,ma capisco che
la sua umiltà va davvero al di là delle nostre
immaginazioni. Martini è da
sempre, per quanto mi riguarda, un vero e proprio punto
di riferimento. I suoi libri, i suoi scritti sono
un vero e proprio alimento che conservo e di cui ho sempre
bisogno per capire e per meglio interpretare la realtà.
Potergli parlare, poter stare ad ascoltarlo
è quasi un sogno. Nonostante la malattia che
mette a dura prova il suo fisico imponente, la sua dignità
riesce a dare un senso
a quella sofferenza. Anche il morbo di Parkinson deve piegarsi
di fronte a tanta forza, a tanto coraggio e tanta ispirazione.
Ricordo di averlo intervistato a Milano,
quando era Arcivescovo. Allora il suo abito e la
sala in cui avevamo registrato mi aveva messo in forte soggezione.
Ora mi trovo di fronte ad un uomo
che si muove con il bastone, il golfino grigio chiaro e
un cappellino per riparare la testa. Questa fragilità
mi interroga e mi domando quale e quanta dignità
ci sia in questo Uomo che ha ispirato
le coscienze, che ha fatto opinione e che ha segnato un
epoca non solo per la Chiesa. La sua visione del
mondo e le sue aperture hanno alimentato tante domande e
tante speranze. Molti cristiani sono arrivati a sognare
una sua salita al soglio pontificio. Ma tutto questo non
importa così tanto a padre Carlo, che aspetta la
fine del pranzo per fare una piccola passeggiata con me
nel parco della casa di Gallarate. Mi
parla dei suoi anni a Gerusalemme,
della difficoltà di cercare e di trovare una pace
vera in Medio Oriente, s’interroga e ascolta con un’attenzione
e una sensibilità inalterata.
I suoi occhi limpidi, chiarissimi sono lo specchio di un
animo che ha accolto e mai stigmatizzato, che ha amato e
mai giudicato. Avrei voluto che il
tempo si fermasse per un po’, per le tante cose da
dire e da sentire. Tutto è volato in un attimo,
come capita quando si vivono delle esperienze bellissime.
Poi l’ho visto andare via con il berretto sulla testa,
il golfino di lana e il fido bastone che non lascia mai.
Una grande testimonianza che parla
da sola. Il resto è inutile. Basta la sua presenza.
Nel suo ultimo libro “Dialoghi notturni a Gerusalemme”,
che sta per essere pubblicato, ha scritto, fra l’altro:
“C’è stato un tempo
in cui ho sognato una Chiesa nella povertà e nell’umiltà
che non dipende dalle potenze di questo mondo. Una Chiesa
che concede spazio alla gente che
pensa più in là. Una chiesa che dà
coraggio,
specialmente a chi si sente piccolo o peccatore.
Una Chiesa giovane. Oggi non ho più di questi sogni.
Dopo i 75 anni ho deciso di pregare per questa Chiesa”.
Gli chiedo di sognare ancora, perché
questo aiuta tutti e ci regala una speranza sempre nuova.
Lui mi sorride e questa per me è già una bella
risposta. Perché quel sogno
di Chiesa povera e umile continua ad esserci anche dentro
di me e padre Carlo è la prova vivente
che tutto ciò può accadere davvero!
|