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2012-PP.OO.MM.
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Andare
oltre, scendere nel cuore
di Antonio Fidalgo de Barros Qualcuno
ha scritto che, oggi, c’è sempre
più gente che si allontana dalla Chiesa, ma ritorna
a Dio. C’è infatti, oggi,
un fenomeno
di allontanamento dalla Chiesa, un fenomeno che è
mondiale. Se però si va a vedere l’idea
di Chiesa che molti coltivano, si scopre che
è un’idea falsa. Oppure si tratta di gente
che ha fatto un’esperienza negativa della Chiesa dove
magari ha sentito parlare molto e soltanto di leggi, capi,
superiori e sudditi, vescovi, preti, gerarchia. Parlavo
proprio l’altro giorno di queste cose ad un gruppo
di cristiani, fuori dalla parrocchia dove lavoro.
Pensavo che per loro fossero cose sapute e risapute, ma
poi ho visto che non è così. Qualcuno
mi guardava
con un’espressione che mi sembrava di diffidenza.
Mi sono fatto aiutare, naturalmente, dalla Parola
di Dio, soprattutto dalle lettere di Paolo che ci aiutano
a scoprire la Chiesa-Assemblea di
coloro che credono
in Cristo e anche come Corpo di Cristo.
Da ciò concludiamo che ha poco senso vivere
nell'Assemblea-Chiesa come
se Cristo
non esistesse, così come ha poco senso dire
“io sono unito a Cristo”, separandomi però
da coloro che credono in Lui e formano
l’Assemblea-Chiesa. Un
altro nome bello
che troviamo quando leggiamo la Bibbia
è quello di Chiesa-Popolo di
Dio.
Ricordiamoci che
gli stessi vescovi
del Vaticano II, quando hanno voluto darci
un documento su ciò che è la Chiesa, hanno
collocato prima il capitolo della Chiesa
come Popolo di Dio e solo dopo, quello della gerarchia
che, anche se parte essenziale, è solo una parte
di questa realtà. Ricordiamo
ciò
che caratterizza questo popolo: tutti i suoi membri
hanno, in virtù del battesimo,
la stessa dignità, così che nessun incarico
fa di me una persona più degna dell’altra;
non c’è in questo popolo nessuna differenza
di razza o di condizione sociale e nessuna differenza di
dignità tra l’uomo e la donna. L’unità
che tutti sono chiamati a vivere non annulla le differenze,
perché Dio, che ama l’unità, ama anche
la varietà. L’unica legge
che regge questo popolo è l' amore e tutti sono chiamati
ad essere santi. Ogni membro di questo popolo riceve doni
e doni da mettere
al servizio degli altri e non li usa per il suo vantaggio
personale o per poter dominare gli altri. E nessuno può
dire all’altro: io basto
a me stesso, non ho bisogno di te. Niente
individualismo o “uomo fai da te o fai da te stesso”.
Quando i membri di questo popolo
si radunano, non lo fanno in nome di nessun partito, club
o interesse particolare ma
nel nome di Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo.
Ma c'è un’altra verità che caratterizza
questo Popolo-Chiesa. È che
i suoi membri
sono tutti Profeti, Re e Sacerdoti.
(1ªPietro 2,9-10). Tutti
possono offrire
veri e graditi sacrifici a Dio, cioè tutti
possono offrire se stessi a Dio, come ha fatto Cristo, e
tutti sono chiamati a portare
la buona novella dell’amore di Dio fino ai confini
della terra. Il cosiddetto sacerdozio
ordinato dei vescovi e dei preti non ha senso,
se non si tiene in conto quello del popolo di Dio. Uno
è per l’altro e non esiste uno senza l’altro.
Non avere coscienza di queste cose
è non riconoscere la nostra dignità. Proprio
oggi, nel giorno in cui sto scrivendo (20.09.2011), ricordiamo
i 103 martiri
della Corea del XVIIIesimo secolo. Dei missionari
arrivati dall’Europa si erano spinti fino in Cina.
Chi poi ha portato il vangelo fino in Corea sono stati proprio
i cristiani laici coreani. Gente che ha preso
sul serio la sua dignità di cristiani e anche
la sua responsabilità. Si dice
che oggi noi, Chiesa, siamo diventati “pigri”
e “malati”
e che perciò abbiamo bisogno di una “dieta
missionaria”. Un po'sarà anche vero.
Ma non si può dimenticare che, oggi, le chiese giovani
si impegnano nella cosiddetta
"missione ad gentes". Anche
la Chiesa capoverdiana ha oggi missionari e missionarie
‘ad gentes’ in
Guinea Bissau, Costa d’Avorio, Brasile, Stati Uniti,
Canada ed Europa.
Il vescovo ausiliare di Belem, in Brasile,
è il capoverdiano Teodoro Mendes Tavares,
dei missionari dello Spirito Santo.
Il beato Giovanni Paolo II amava
l’espressione evangelica “ DUC IN ALTUM”.
È rivolta a tutti i battezzati. Guardare
fuori, andare più lontano e più in profondità
nel cuore di ogni uomo e donna.
La sfida è grande ed è lanciata a noi tutti.
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