Infine,
desidero rivolgere una parola a voi,
che camminate a fianco di bambini e ragazzi sulle vie dell’emigrazione:
essi hanno bisogno del vostro prezioso aiuto, e anche la
Chiesa ha bisogno di voi e vi sostiene nel generoso servizio
che prestate.
Non stancatevi di vivere con coraggio
la buona testimonianza del Vangelo, che vi chiama a riconoscere
e accogliere il Signore Gesù presente nei più
piccoli e vulnerabili.
Affido tutti i minori migranti, le loro famiglie,
le loro comunità, e voi che state loro vicino,
alla protezione della Santa Famiglia di Nazareth, affinché
vegli su ciascuno e vi accompagni nel cammino; e alla mia
preghiera unisco la Benedizione Apostolica.
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Messaggio
di Papa Francesco
la Giornata Mondiale
del Migrante e Rifugiato
2017
Cari
fratelli e sorelle!
«Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome,
accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui
che mi ha mandato» (Mc 9,37; cfr Mt 18,5; Lc 9,48;
Gv 13,20).
Con
queste parole gli Evangelisti ricordano alla comunità
cristiana un insegnamento di Gesù che è entusiasmante
e, insieme, carico di impegno.
Questo detto, infatti, traccia la via sicura che conduce
fino a Dio, partendo dai più piccoli e passando attraverso
il Salvatore, nella dinamica dell’accoglienza. Proprio
l’accoglienza, dunque, è condizione necessaria
perché si concretizzi questo itinerario: Dio si è
fatto
uno di noi, in Gesù si è fatto bambino
e l’apertura a Dio nella fede, che alimenta la speranza,
si declina nella vicinanza amorevole ai più piccoli
e ai più deboli.
Carità, fede e speranza sono tutte coinvolte nelle
opere di misericordia,
sia spirituali sia corporali, che abbiamo riscoperto durante
il recente Giubileo Straordinario.
Ma gli Evangelisti si soffermano anche sulla responsabilità
di chi va contro la misericordia: «Chi scandalizzerà
uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene
che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia
gettato nel profondo del mare»
Mt 18,6; cfr Mc 9,42; Lc 17,2).
Come non pensare a questo severo monito considerando lo
sfruttamento esercitato da gente senza scrupoli a danno
di tante bambine e tanti bambini avviati alla prostituzione
o presi nel giro della pornografia, resi schiavi del lavoro
minorile o arruolati come soldati, coinvolti in traffici
di droga e altre forme di delinquenza, forzati alla fuga
da conflitti e persecuzioni, col rischio di ritrovarsi soli
e abbandonati?
Per questo, in occasione dell’annuale Giornata Mondiale
del Migrante e del Rifugiato, mi sta a cuore richiamare
l’attenzione sulla realtà dei migranti minorenni,
specialmente quelli soli, sollecitando tutti a prendersi
cura dei fanciulli che sono tre volte indifesi perché
minori, perché stranieri e perché inermi,
quando, per varie ragioni, sono forzati a vivere lontani
dalla loro terra d’origine e separati dagli affetti
familiari.
Le migrazioni, oggi, non sono un fenomeno limitato ad alcune
aree del pianeta, ma toccano tutti i continenti e vanno
sempre più assumendo le dimensioni di una drammatica
questione mondiale. Non si tratta solo di persone in cerca
di un lavoro dignitoso
o di migliori condizioni di vita, ma anche di uomini e donne,
anziani e bambini che sono costretti ad abbandonare le loro
case con la speranza di salvarsi e di trovare altrove pace
e sicurezza.
Sono in primo luogo i minori a pagare i costi gravosi dell’emigrazione,
provocata quasi sempre dalla violenza, dalla miseria e dalle
condizioni ambientali, fattori ai quali si associa anche
la globalizzazione nei suoi aspetti negativi.
La corsa sfrenata verso guadagni rapidi e facili comporta
anche lo sviluppo di aberranti piaghe come il traffico di
bambini, lo sfruttamento e l’abuso di minori e, in
generale, la privazione dei diritti inerenti alla fanciullezza
sanciti dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia.
L’età infantile, per la sua particolare delicatezza,
ha delle esigenze uniche e irrinunciabili. Anzitutto il
diritto ad un ambiente familiare sano e protetto dove poter
crescere sotto la guida e l’esempio di un papà
e di una mamma; poi, il diritto-dovere a ricevere un’educazione
adeguata, principalmente nella famiglia e anche nella scuola,
dove i fanciulli possano crescere come persone e protagonisti
del futuro proprio e della rispettiva nazione. Di fatto,
in molte zone del mondo, leggere, scrivere e fare i calcoli
più elementari è ancora un privilegio per
pochi.
Tutti i minori, poi, hanno diritto a giocare e a fare attività
ricreative, hanno diritto insomma ad essere bambini.
Tra i migranti, invece, i fanciulli costituiscono il gruppo
più vulnerabile perché, mentre si affacciano
alla vita, sono invisibili e senza voce: la precarietà
li priva di documenti, nascondendoli agli occhi del mondo;
l’assenza di adulti che
li accompagnano impedisce che la loro voce si alzi e si
faccia sentire.
In tal modo, i minori migranti finiscono facilmente nei
livelli più bassi del degrado umano, dove illegalità
e violenza bruciano in una fiammata il futuro di troppi
innocenti, mentre la rete dell’abuso dei minori è
dura da spezzare.
Come rispondere a tale realtà?
Prima di tutto rendendosi consapevoli che il fenomeno migratorio
non è avulso dalla storia della salvezza, anzi, ne
fa parte.
Ad esso è connesso un comandamento
di Dio: «Non molesterai il forestiero né lo
opprimerai, perché voi siete stati forestieri
in terra d’Egitto» (Es 22,20); «Amate
dunque il forestiero, perché anche voi foste forestieri
nella terra d’Egitto» (Dt 10,19).
Tale fenomeno costituisce un segno dei tempi, un segno che
parla dell’opera provvidenziale di Dio nella storia
e nella comunità umana in vista della comunione universale.
Pur senza misconoscere le problematiche e, spesso, i drammi
e le tragedie delle migrazioni, come pure le difficoltà
connesse all’accoglienza dignitosa di queste persone,
la Chiesa incoraggia a riconoscere il disegno di Dio anche
in questo fenomeno, con la certezza che nessuno è
straniero nella comunità cristiana,
che abbraccia «ogni nazione, razza, popolo
e lingua» (Ap 7,9). Ognuno è prezioso,
le persone sono più importanti delle cose e il valore
di ogni istituzione si misura sul modo in cui tratta la
vita e la dignità dell’essere umano, soprattutto
in condizioni di vulnerabilità, come nel caso dei
minori migranti.
Inoltre occorre puntare sulla protezione, sull’integrazione
e su soluzioni durature.
Anzitutto, si tratta di adottare ogni possibile misura per
garantire ai minori migranti protezione e difesa, perché
«questi ragazzi e ragazze finiscono spesso in strada
abbandonati a sé stessi e preda di sfruttatori senza
scrupoli che, più di qualche volta, li trasformano
in oggetto di violenza fisica, morale e sessuale»
(Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata mondiale del migrante
e del rifugiato 2008).
Del resto, la linea di demarcazione tra migrazione e traffico
può farsi a volte molto sottile. Molti sono i fattori
che contribuiscono a creare uno stato di vulnerabilità
nei migranti, specie se minori: l’indigenza e la carenza
di mezzi di sopravvivenza – cui si aggiungono aspettative
irreali indotte dai media –; il basso livello di alfabetizzazione;
l’ignoranza delle leggi, della cultura e spesso della
lingua dei Paesi ospitanti.
Tutto ciò li rende dipendenti fisicamente e psicologicamente.
Ma la spinta più potente allo sfruttamento e all’abuso
dei bambini viene dalla domanda. Se non si trova il modo
di intervenire con maggiore rigore ed efficacia nei confronti
degli approfittatori, non potranno essere fermate le molteplici
forme di schiavitù di cui sono vittime i minori.
È necessario, pertanto, che gli immigrati, proprio
per il bene dei loro bambini, collaborino sempre più
strettamente con le comunità che li accolgono.
Con tanta gratitudine guardiamo agli organismi e alle istituzioni,
ecclesiali e civili, che con grande impegno offrono tempo
e risorse per proteggere i minori da svariate forme di abuso.
È importante che si attuino collaborazioni sempre
più efficaci ed incisive, basate non solo sullo scambio
di informazioni, ma anche sull’intensificazione di
reti capaci di assicurare interventi tempestivi e capillari.
Senza sottovalutare che la forza straordinaria delle comunità
ecclesiali si rivela soprattutto quando vi è unità
di preghiera e comunione nella fraternità.
In secondo luogo, bisogna lavorare per l’integrazione
dei bambini e dei ragazzi migranti.
Essi dipendono in tutto dalla comunità degli adulti
e, molto spesso, la scarsità di risorse finanziarie
diventa impedimento all’adozione di adeguate politiche
di accoglienza, di assistenza e di inclusione.
Di conseguenza, invece di favorire l’inserimento sociale
dei minori migranti, o programmi di rimpatrio sicuro e assistito,
si cerca solo di impedire il loro ingresso, favorendo così
il ricorso a reti illegali; oppure essi vengono rimandati
nel Paese d’origine senza assicurarsi che ciò
corrisponda al loro effettivo “interesse superiore”.
La condizione dei migranti minorenni è ancora più
grave quando si trovano in stato di irregolarità
o quando vengono assoldati dalla criminalità organizzata.
Allora essi sono spesso destinati a centri di detenzione.
Non è raro, infatti, che vengano arrestati e, poiché
non hanno denaro per pagare la cauzione o il viaggio di
ritorno, possono rimanere per lunghi periodi reclusi, esposti
ad abusi e violenze di vario genere.
In tali casi, il diritto degli Stati a gestire i flussi
migratori e a salvaguardare il bene comune nazionale deve
coniugarsi con il dovere di risolvere e di regolarizzare
la posizione dei migranti minorenni, nel pieno rispetto
della loro dignità e cercando di andare incontro
alle loro esigenze, quando sono soli, ma anche a quelle
dei loro genitori, per il bene dell’intero nucleo
familiare. Resta poi fondamentale l’adozione
di adeguate procedure nazionali e di piani di cooperazione
concordati tra i Paesi d’origine e quelli d’accoglienza,
in vista dell’eliminazione delle cause dell’emigrazione
forzata dei minori.
In terzo luogo, rivolgo a tutti un accorato appello affinché
si cerchino e si adottino soluzioni durature. Poiché
si tratta di un fenomeno complesso, la questione dei migranti
minorenni va affrontata alla radice. Guerre, violazioni
dei diritti umani, corruzione, povertà, squilibri
e disastri ambientali fanno parte delle cause del problema.
I bambini sono i primi a soffrirne, subendo a volte torture
e violenze corporali, che si accompagnano a quelle morali
e psichiche, lasciando in essi dei segni quasi sempre indelebili.
È assolutamente necessario, pertanto, affrontare
nei Paesi d’origine le cause che provocano le migrazioni.
Questo esige, come primo passo, l’impegno dell’intera
Comunità Internazionale ad estinguere i conflitti
e le violenze che costringono le persone alla fuga. Inoltre,
si impone una visione lungimirante, capace di prevedere
programmi adeguati per le aree colpite da più gravi
ingiustizie e instabilità, affinché a tutti
sia garantito l’accesso allo sviluppo autentico, che
promuova il bene di bambini e bambine, speranze dell’umanità.
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