Memorie
di un volontario
di
Ciro Di Fiore
E’
la notte del 9 Luglio 2006, la notte
della finalissima Italia- Francia.
Durante il volo tutti i passeggeri si stanno chiedendo,
spasmodicamente, chi stia vincendo. Appena atterrato, il
pilota urla:
“Italia campione do mundo”,
scatenando l’applauso
e le grida degli africani e di noi pochi italiani. All’aeroporto
di Sal scendo, timoroso,
nella pista buia del piccolo aeroporto,
pieno di poliziotti con cani antidroga che abbaiano feroci.
Un taxista quella notte mi chiede
un paio di euro per portarmi a una cittadina
a pochi Km di distanza.
Passo poi a Mindelo,seconda
città di Capo Verde,
il centro culturale dell’arcipelago, nell’isola
di S.Vicente.
Fra Silvino, dello storico
convento dei Cappuccini,
mi porta a conoscere un po’l’isola
con il suo mitico furgone,aperto dietro, dove trovano spazio
fortunati viandanti.
Vento forte, sole che spacca la pietre.
Popolazione per lo più mista.Ragazze veramente bellissime,
alte e slanciate, gli occhi neri neri e i capelli raccolti
in miriadi di pettinature.
Ti guardano con curiosità,mentre il vento
alza un po’le loro gonne sottili,ma tendenzialmente
tendono
a diffidare degli stranieri. Il paesaggio
è desertico, solo ogni tanto c’è
qualche sparuto alberello. Case di mattoni grezzi, senza
intonaco, molte senza acqua corrente né fogne.
Capre, galline e rari asinelli nei loro pressi.
Vedo una mamma
che fa la doccia al suo bimbo,versandogli
lentamente addosso un secchio davanti l’uscio.
Il bimbo piange disperato.
Pescatori con le lenze cercano qualche pesce nell’Oceano,
pescosissimo.
Alcuni dei ragazzi, sulla ventina e più, a cui devo
fare lezione d’italiano, abitano in periferia:
Gu, Ben, Notch, Nathy e Teresa.
Sabato sera siamo stati invitati dal
padre di uno
dei ragazzi, che ci offre la
famosa “cachùpa”, una sorta di zuppa
di fagioli con pancetta, pesce e uovo, assai nutriente.
Quando alla fine della serata ho ringraziato,
mi dice:
“Non mi chiamare Senior, de
Senior,
sta Uno,no Ceu”.
Il convento di fra Silvino si trova nel centro di Mindelo,
su una piccola altura. Un posto assai tranquillo,che ospita,nel
pomeriggio,molti ragazzini che vengono a giocare e a socializzare.
Fra Silvino,
tra i altri mille impegni, è il capotecnico di RadioNova,l’emittente
cattolica dei Cappuccini a Capo Verde, mentre Fra
Umberto, barbetta e pipa, lavora nella Libreria.
Spesso sono stato ospite a pranzo nel convento, piuttosto
spoglio, ma confortevole.
Anche qui, come in Europa, la maggioranza della popolazione
non è molto praticante e la mattina presto, alla
S. Messa, nei giorni feriali, non ci sono tante persone.
Quelli che ci credono però hanno una fede di ferro.
I bambini qui,
soprattutto negli afosi pomeriggi estivi, non hanno molto
da fare.
A volte si inventano giochi con niente:
da barattoli di pomodoro, tappi e scatole di latta ricavano
delle bellissime macchinine, con tanto di volante, assi
scorrevoli, finti fari e paraurti.
Oppure costruiscono con estrema perizia
delle barchette a vela che,
per tratti sorprendenti,
sfidano i venti oceanici. Di tanto in tanto una di
queste prende davvero il largo
e al piccolo costruttore, disperato, non resta che un pianto
dirotto, interrotto dalla mamma
che gli dice di essere orgoglioso,
perché la barchetta arriverà a Lisbona o a
Rio de Janeiro, dove sarà raccolta da un altro bambino.
Il sabato i capoverdiani se ne vanno
tutti in Piazza Nova,l’unica dove c’è
un po’di verde.Alberelli e aiuole. Al centro c’è
una fontana rotta dove i bambini si appendono
facendo acrobazie impensabili.
Qui c’è una curiosa usanza di girare per la
piazza nel perimetro intorno ai giardinetti: i ragazzi,
a partire dalle ore nove-dieci, girano anche venti, trenta
volte, lentamente, in gruppo,
a braccetto di due,tre o più.
A Mindelo un bambino di circa otto anni, qualche
giorno dopo il mio arrivo, ha fatto, timoroso, capolino
nell’aula. Sentiva il mio italiano, ma forse non capiva
che era proprio un’altra lingua. L’ho invitato
a entrare e a prendere un foglio
e una penna.
Senza una parola ha copiato tutta la canzone di Franco Battiato,
data come compito.
Quei pomeriggi sono stati davvero surreali!
Mentre i ragazzi ascoltavano, cercando di capire,io ero
affacciato alla finestra del secondo piano e ogni tanto,qualche
signorina che portava un secchio d’acqua sulla testa,alzava
un po’il capo e guardava questo strano viso-pallido.
Il
giorno dopo il ragazzino è ritornato con il suo quaderno
rivestito di una consumatissima fodera trasparente, tutto
scritto, compresi gli spazi sopra e sotto le righe. Attentissimo,
si è messo a ricopiare tutto senza fiatare.
A Santo Antao, isola di fronte
a S.Vicente, il paesaggio è assai diverso: in basso,
nelle ribeire,
c’è una rigogliosa vegetazione equatoriale,
altissimi banani, enormi manghi, smisurati alberi di papaia,
i cactus di Tex Willer e le gigantesche piante grasse.
Su una salita, tra le perenni nuvole che permettono questo
miracolo, ad una sosta, abbiamo lanciato
caramelle ai bambini davanti alla loro casetta:
tutti si sono lanciati ordinatamente a prenderle, tra urla
e sorrisi pieni di gioia.
Una bambina mi ha fatto cenno di aspettare:
dopo un attimo è ritornata con la sorellina
di circa un anno e, sollevandola verso di me sorridendo,
ha chiesto una una caramella
anche per lei. I genitori e i nonni, posate zappe e rastrelli,
sono venuti a ringraziare commossi.
Mentre sono al bar-ristorante di Mindelo,
vedo una bambina con una pesante
bagnarola sulla testa, strapiena di papajas, le faccio cenno
di entrare: lei non può. Forse per legge non possono.
Uscito le chiedo se ha“bananas”,
dopo 5 minuti arriva trafelata con un enorme casco. Ne
compro per cento scudi dandole un buffetto sulla
guancetta.
Il suo sorriso di gratitudine vale,
da solo, il viaggio
a C.V. I suoi dentini sono
più bianchi
delle loro perle oceaniche.
Fra Pieraldo, anziano missionario a Capo Verde da
oltre trent’anni, l’anno precedente è
andato in Italia per farsi curare,
ma ha voluto subito rientrare a CV.
Ho pensato dal suo modo di parlare che il consumismo e la
volgarità ormai
non sono più di suo gusto.
Dopo l’operazione al cuore è
ritornato volentieri a Santo Antao,la sua vera casa.
A
Punta do Sol invece, il paese di
Alicia “che tenia dos olhos como dos estrelas”,
il vento ha scolpito gli scogli in modo straordinario. Lì
due enormi “Torri” di pietra,
dalla notte dei tempi, costituiscono davvero
l’ultimo baluardo dell’Africa, dopo le Colonne
d’Ercole. Anche lì una sera si è tenuto
un bel concerto, proprio all’estremità del
mondo.
Il vento fischiava forte tra gli scogli e
non si vedeva nulla a perdita d’occhio.
“Africa Africa non mi chiamare Africa Africa son qua,Africa
Africa posso morire.
Ma la mia opera non morirà”
(S. Daniele Comboni)
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La
bimba, chissà cosa pensa!
A
noi spetta dare una manina, vero?
Si
ritorna a casa, che dolore!!!
Che
bel sorriso!
Educatrice
progetto Adolescenti e Giovani
a Mindelo
I
ragazzini in piazzetta
La
ragazzina ha deposto la bagnarola
Fra
Pieraldo a Mindelo
Alicia
che ha gli occhi come le stelle
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