Coltivare
la vite e fare il vino:
è un’arte, più che un’attività
produttiva. Basta parlare con chi se ne intende...
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Uu
amore di vigna
di Monica Vanin
La “vigna del Signore” dei Salmi e dei profeti,
la vigna in fiore del Cantico dei Cantici...
Chi ha un minimo di confidenza con la Bibbia, ha l’immagine
eloquentissima della vigna
nel cuore. Ci pensavo, ricordando i volti dei viticoltori
a Fogo, “locali” e italiani nei giorni dell’inaugurazione
della vigna “Maria Chaves”, tra le piante appena
potate, i vigneti a perdita d’occhio...Claudio
Conterno è il titolare
di una delle più famose
cantine dell’albese. Ascoltandolo e guardandolo
parlare cogli l’emozione, la passione sincera per
la vitivinicoltura – un’arte, più che
un mestiere o un’attività produttiva. È
lui, insieme ai veneti di “Evoluzione ambiente”
(Luigi Bonato e Giuseppe Baldessin) e all’enologo
Paolo Peira, l’artefice del prodigio “Maria
Chaves” a Fogo.
Nel viso abbronzato (dal sole preso
in vigna, precisa, tra i suoi filari di Monforte) gli occhi
luccicano tutte le volte che si parla della vite
e di come ci si deve comportare con lei:
come aiutarla a radicarsi, a crescere, come sostenerla,
“piegarla” ma anche assecondarne
la natura. “La vite è una liana, è la
pianta
più resistente e adattabile che c’è...
dice.
Tra cinque-sei anni useremo metà
dell’acqua
che occorre adesso. Se tu vedessi l’apparato radicale,
come cammina... È una cosa incredibile. Quello
che vedi fuori dal terreno
è una miniatura. Pensa, una
pianta di vent’anni ha radici di venti metri!
La pianta è furba, non vuole fare fatica: ma se la
costringi a lavorare in profondità, lo fa, eccome...”mi
spiega sorridendo.
“Quando siamo arrivati, racconta, ricostruendo "gli
inizi", Bonato e Baldessin hanno fatto un grandissimo
lavoro tecnico. Noi abbiamo dato un grande supporto di umanità.
E abbiamo
anche tracciato "i filari...”. Filari alla piemontese,
infatti: le Langhe a Fogo, su 25 ettari di pendio tra i
600 e i 900 metri di quota. Una cosa stupefacente. Un supporto
di umanità", ha detto Claudio. Che bello...!
C’è dentro tutto: farsi
e fare coraggio, per prima cosa. Quel lavoro che sembrava
impossibile: intervenire sulla terra, studiare e lavorare
i pendii, regolare e adattare senza snaturare...
Umanizzarla davvero, questa terra fertile
ma sempre assetata, renderla capace di accogliere e alimentare
le piante... E incontrare la gente, spiegare, mostrare e
seguire, intendersi con chi avrebbe piantato e lavorato...
“Il mondo della viticoltura
non è un calcolo matematico, continua. Va dietro
a sensazioni, esperienze,
va molto ‘a pelle’... Devi avere grande sensibilità,
in vigna. Non si hanno mai tante certezze. Sembra
una disciplina abbastanza rigida, in realtà fai due
passi avanti, due indietro, due di fianco. Dove puoi tieni
duro, perché in talmente tante altre cose devi muoverti”.
Un esempio? “Fino a due
anni fa tutti i tecnici del mondo dicevano: lo zolfo
in polvere non lavora sotto i venti gradi.
Noi invece lo abbiamo sempre dato in aprile
con 10-12 gradi. È una grande difesa per tutto l’anno
contro l’oidio. Ed ecco che, recentemente, nei grandi
forum, abbiamo trovato tecnici
che ti dicono: lo zolfo lavora già a sette gradi...”.
Infine, l’azzardo del vino.
“Se penso a tutte le analisi che facciamo, e poi la
natura in due giorni ti cambia il risultato, dopo che tu
ci hai messo gli altri 363 giorni
di lavoro: cambia il tempo, il clima, e così... Alla
fine, è sempre la natura che comanda.
A volte, due giorni di maturazione fanno
la differenza tra il grandissimo vino che potevi fare e
il pur grande vino che invece viene fuori”. Un’avventura,
in sostanza. “Ottavio – aveva detto un
giorno Claudio al nostro “vulcanico” segretario
delle missioni – tu hai dato
un colpo a una pallina in assenza di gravità.
Adesso non si fermerà più...”. C’era
l’idea
della sfida, della scommessa e della reazione
a catena. Niente sfiducia, però,
in conclusione: ottimismo e realismo, piuttosto.
“La vigna?
La vedo molto bene. Dovremo seguirla, per qualche anno:
abbiamo un’esperienza che loro ancora non hanno. Ma
la vedo bene davvero”. Una scommessa
da vincere, tutti insieme,
perché l’agricoltura e la gente di Fogo,
come la sposa-colomba del Cantico,
possano davvero spiccare il volo!
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