|
TESTIMONI |
Padre Placido Cortese
(1907-1944)
di Paolo Damosso
Di questi tempi è facile dimenticare.
Tutto ci scorre davanti senza lasciare segni visibili. Ci sono
storie, come quella di padre Placido Cortese, che ti scavano dentro
un solco profondo, che ti trascini nel corso delle giornate.
È un uomo che può dirci molte cose e
che soprattutto ci richiama a tempi e situazioni che non dobbiamo
assolutamente dimenticare.
È un uomo di fede, un frate conventuale con
grandi capacità e con talenti evidenti. Per anni è
direttore del Messaggero di S. Antonio, rivista che ha
un grosso sviluppo proprio sotto la sua conduzione.
È un uomo ispirato che vive giorni e situazioni
difficili, quelli della guerra e delle persecuzioni fasciste e
naziste. Gli orrori di quei momenti alimentano molte domande,
e lui dà le sue risposte.
Si può ben definire "il Perlasca
di Padova". Diventa punto di riferimento di una rete organizzata
che cerca di mettere in salvo il maggior numero di ebrei e di
persone braccate dalle SS. Evita la deportazione nei campi di
concentramento inventandosi le soluzioni più disparate.
Raccoglie le foto che la gente depone sulla tomba di S. Antonio
per realizzare documenti falsi che consentano di salvare il maggior
numero di vite umane.
L'otto ottobre 1944, tradito da una spia, viene
fatto salire su un'auto proprio davanti alla Basilica. I suoi
confratelli non lo rivedranno mai più.
Muore a Trieste, nel terribile bunker di piazza
Oberdan. Subisce le torture più terribili. Le SS vogliono
avere informazioni e i nomi dell'organizzazione.
Padre Placido non cede e non parla. Muore da
martire, pregando sotto le torture di uomini inferociti dal suo
silenzio. Il suo corpo non sarà più ritrovato.
Una storia che è stata riscoperta e approfondita
soltanto in questi ultimi anni e che s'impone perchè ci
parla di ferite che sono ancora aperte e che hanno una ricaduta
ancora nei nostri giorni.
Ho parlato a lungo con chi è stato tortutrato
ed è sopravvissuto. Mi sono chiesto il senso di tutto questo
orrore.
Un testimone oculare mi ha detto di aver parlato
con padre Placido attraverso la porta della cella. La descrizione
di ciò che ha subito è intollerabile per me anche
solo da ascoltare.
Alla violenza rispondeva col silenzio.
Di tanto in tanto, con un filo di voce, pregava.
E' morto così.
Se vogliamo sopravvivere alle "torture"
di oggi non dobbiamo dimenticare.
|