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Rubrica "Mi racconto"
20/11/04 di
Federico Cerrone |
Nessun giocattolo
Ripensando alla vita della
mia infanzia non ricordo alcun giocattolo né alcuna
bambola per le mie sorelle; eppure non ci mancava l'allegria.
Certo papà e mamma non avevano studiato pedagogia,
ma il loro esempio di una giornata ripiena di dedicazione
al lavoro e alla famiglia era quanto di meglio per istillare
nei figli la riconoscenza ed il desiderio di contribuire
alle faccende di casa.
Oggi parlando di educazione dei
figli è normale lamentare il permissivismo e il
consumismo ed io non me la sento di esaltare l'educazione
di quel tempo fatta di strettezze e di lavoro duro, ma
una lancia a suo favore la spezzerò ugualmente
dicendo che quell'educazione favoriva – mi pare
– una vita sobria e impegnata.
Un tentativo di trasposizione
di quell'educazione d'altri tempi per i tempi attuali
l'ho riscontrato con commozione nello sforzo di alcune
giovani coppie che si sforzano di conciliare il controllo
dei figli scatenati con la buona educazione senza scivolare
nell'uso dei tradizionali scapaccioni.
Lasciando a chi vorrà approfondire
la disquisizione su quale sia la migliore educazione,
quanto a me eccomi senza grandi drammi nella vita del
seminario. Controllata, a orario, sempre in fila due a
due, quella vita a lungo andare non poteva non saturare
il monello langarolo che un giorno vinto dalla nostalgia
volle tornare a casa.
Solo la saggezza e l'amicizia
della zia religiosa riuscì a rasserenare e a dileguare
la crisi.
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L'asilo di Cha das Caldeiras
L'umorista per eccellenza! |
Il
tempo del ginnasio – così si chiamava allora
– passò liscio senza altri problemi anche perché
cresceva il gusto per lo studio. Intanto quella misera settimana
annuale di vacanza in famiglia era sufficiente per rendermi
conto del cambiamento in atto nella famiglia: era il tempo
della meccanizzazione agricola e della sparizione della
mezzadria.
Arrivati al liceo
l'esemplarità del seminario lasciò il posto
al gusto per le cose proibite e a margine della legalità.
Nacque tra noi, liceali, un gruppo che in gran segreto riuscì
a farsi una falsa chiave per accedere a una stanza dove
il superiore conservava i suoi libri di lettura. A noi interessava
poter leggere Dostoievski o Bernanòs.
Come vedete, le nostre letture
in fin dei conti non erano affatto perverse, però
come tutti sappiamo il proibito diventa subito per ciò
stesso desiderato.
Questo gusto adolescenziale tramontò col passaggio
alla teologia durante la quale beneficiammo del tesoro della
compagnia di quel sant'uomo che fu Padre Antonio da Busano
e l'ambiente divenne sereno e positivo.
Padre Antonio era il responsabile
della nostra formazione e si distingueva per la sua esemplarità
e per il tratto umile e fraterno con cui ci orientava. A
lui devo molto per l'influenza benefica che ebbe sulla mia
vita.
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Padre Ottavio
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