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Rubrica "Mi racconto" 24/11/04     di Federico Cerrone

Essere missionari ieri

L'andare in missione era tradizionale tra i francescani fin dal tempo di San Francesco ma pare che fin dai primi tempi non erano i superiori che sceglievano chi mandare, ma i sudditi che si offrivano per essere inviati.
Tra di noi, giovani in formazione, l'ispirazione missionaria era coltivata con lettere, preghiere e riflessioni periodiche, quindi ci era familiare il ricordo di Capo Verde e dei missionari, inclusive di Paolino e Cassiano che vi erano morti da pochi anni.
Comunque sia, arrivato il tempo dell'ordinazione sacerdotale, espressi al Padre Antonio il desiderio di essere inviato missionario a Capo Verde.
Terminata la teologia ci fu il capitolo provinciale, Padre Antonio fu eletto Superiore Provinciale ed io fui nominato segretario delle missioni, cioè incaricato dell'animazione missionaria e dell'appoggio logistico ai missionari di Capo Verde.
Padre Antonio volle dare impulso alla cooperazione con Capo Verde e decise di visitare personalmente i missionari e mi offrì di accompagnarlo nel viaggio.
La felice opportunità rassodò il mio desiderio giovanile e al ritorno rinnovai per scritto la mia richiesta ai superiori che in ottobre '63 accettarono la mia richiesta. Padre Ottavio occupò il mio compito ed io mi preparai alla partenza.

A quei tempi il governo coloniale di Salazar per concedere la residenza ai missionari stranieri esigeva un esame per testimoniare che si parlava il portoghese, il che voleva dire andare a scuola per apprendere i primi elementi della lingua.
Si partiva con nave da Genova coi transatlantici della compagnia Costa e ci si fermava a Lisbona.
A Lisbona ci aspettavano i confratelli portoghesi e s'iniziava lo studio della lingua assieme ai giovani veneti destinati alle missioni di Angola e Mozambico.
Ora che nel mio racconto abbiamo raggiunto il momento di fare il distacco per la terra lontana possiamo chiederci che cosa mi avesse spinto a esternare la richiesta fatidica e che cosa provassi ora che mi trovavo all'estremo lembo d'Europa in procinto di fare il salto finale.

Forse si può dire un misto di gusto giovanile per l'insolito e lo straordinario e la dedizione agli altri.
Ricordo l'impazienza che provai durante i 40 giorni di scuola e la soddisfazione che provai quando mi annunciarono che potevo salpare col Manuel Alfredo per Capo Verde.
Erano sei giorni di mare che avrebbero potuto essere allegri se non fosse stato il mal di mare a costringerci a letto per lunghe ore.
Giunto a Praia, dovetti attendere altri dieci giorni perché apparisse un battello per Fogo, mia destinazione finale. Una nottata al chiarore di luna.

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